Il termine “metalli pesanti” è un termine correlato alla tavola periodica degli elementi, che si riferisce ad una grande varietà di elementi con proprietà metalliche ed alta densità (un metallo pesante sarebbe un elemento chimico la cui densità sia maggiore di 5 grammi per centimetro cubo o con numero atomico sia maggiore di 20).
Essendo sostanze potenzialmente dannose, spesso il termine “metalli pesanti” è utilizzato in modo intercambiabile con il termine “metalli tossici” ed in questo senso noi lo estenderemo, tenendo anche conto dell’incidenza delle intossicazioni correlate a quel tipo di metallo.
Aggiungiamo un altro debito chiarimento, questi elementi chimici hanno la tendenza a legarsi agli atomi di ossigeno, di azoto e di zolfo e quindi l’elevata attitudine a formare complessi molecolari nel citoplasma delle nostre cellule, e ciò fa spesso includere nell’elenco dei metalli pesanti anche elementi, come il selenio e l’arsenico, che non sono metalli, sebbene siano dotati di proprietà fisiche e chimiche simili a quelle dei metalli in senso stretto.
Sicuramente i metalli che possono essere molto tossici e che sono più frequentemente coinvolti nelle intossicazioni sono:
- Piombo
- Arsenico (è un metalloide)
- Mercurio
- Alluminio
- Zinco
- Rame
- Cadmio
- Cromo
- Amianto
(*) vedi comunque elenco completo in calce all’articolo
Questi elementi si trovano naturalmente dispersi nell’ambiente, ma un eventuale sovradosaggio dipende dal fatto ampiamente utilizzati dalle industrie per produrre una vasta gamma di prodotti in uso nella vita di tutti i giorni.
La presenza di concentrazioni elevate di uno qualsiasi dei metalli pesanti può essere molto dannosa e può contaminare il suolo, l’aria, il cibo e l’acqua, rimanendo in maniera persistente nell’ambiente.
Cito alcune delle principali fonti antropiche industriali di diffusione e iper-concentrazione di metalli pesanti:
- rifiuti minerari e industriali
- emissioni dei veicoli con motore a scoppio
- olio dei motori
- combustibili utilizzati da navi e da macchinari pesanti
- fertilizzanti dei suoli
- pesticidi
- vernici industriali, pigmenti
- coloranti alimentari
- lavori di costruzione e ristrutturazione edilizia, soprattutto opere in calcestruzzo
- lavori stradali, bitume
- sigarette industriali
- sigarette elettroniche
- alimenti, se contaminati dall’ambiente o dall’imballaggio
- armamenti
- batterie piombo-acido e agli ioni di litio
- cantieri di riciclaggio dei rifiuti elettronici (e-waste)
- legname trattato per la conservazione o i parassiti
- invecchiamento delle infrastrutture di approvvigionamento idrico
- acqua, se contaminata dall’ambiente o dall’imballaggio
- microplastiche che galleggiano negli oceani
Facciamo alcuni esempi: il piombo tetraetile è uno dei contaminanti di metalli pesanti usati in passato in petrolchimica come additivo nella benzina per aumentarne la resistenza all’auto-accensione.
Alcuni metalli pesanti come rame e zinco vengono rimossi dal terreno risalendo fino alle radici delle piante. Le sostanze inquinanti vengono quindi trasferite negli steli e nelle foglie.
L’alluminio può essere presente in alcuni contenitori alimentari, utensili da cucina e in alcuni prodotti farmaceutici. L’arsenico può essere presente nell’acqua, nel suolo e in alcuni prodotti alimentari; il Cadmio può essere presente in batterie, vernici e pigmenti; il Cromo può essere utilizzato in alcuni settori industriali e in alcuni prodotti di consumo.
Il Mercurio, depositandosi specialmente nei tessuti grassi, rappresenta un grosso capitolo delle intossicazioni e può essere presente nei pesci di mare (specialmente di grandi dimensioni, come il tonno e il pesce spada), in alcune amalgame dentali e per lungo tempo, nella forma di timerosal, è stato presente come conservante nei vaccini. Ora sostituito dall’alluminio.
Il Nickel può essere presente nei gioielli di bigiotteria, in alcune monete, negli accessori metallici come occhiali e cinture, negli utensili da cucina (pentole, padelle) e, in misura minore, in alcuni cosmetici e detersivi.
Come ulteriore chiarimento e disambiguazione, è importante segnalare che alcuni di questi metalli pesanti sono anche richiesti dall’organismo in piccole quantità (ovvero debbono essere presenti nei fluidi biologici in concentrazioni inferiori a 1 μg per grammo di peso) e sono fondamentali per il suo normale funzionamento: per questo vengono definiti oligoelementi o metalli in traccia.
La biologia e la fisiologia ci insegnano che è la quantità che fa la differenza (vedi legge dell’ormesi) e già lo insegnava Ippocrate di Coo, considerato il padre della Medicina tradizionale occidentale, “Nulla è di per sé veleno, tutto è di per sé veleno, è la dose che fa il veleno.”
Nel caso degli esseri umani sono noti quindici elementi in traccia essenziali: arsenico, cobalto, cromo, rame, fluoro, ferro, iodio, manganese, molibdeno, nichel, selenio, silicio, stagno, vanadio, zinco. I seguenti elementi risultano tossici per gli organismi viventi anche a basse concentrazioni: cadmio, mercurio, cromo e piombo.
L’organismo è in grado di metabolizzare piccole quantità di metalli pesanti, ma quando presenti in concentrazioni elevate possono accumularsi:
- nei reni,
- nel fegato,
- nelle ossa,
- nel sistema nervoso.
I segni ed i sintomi dovuti all’eccessiva esposizione ai metalli pesanti dipendono dal tipo di metallo, dalla sua forma, dalla quantità, dal protrarsi dell’esposizione, dal tipo di esposizione, dall’età e dallo stato di salute generale della persona.
I feti ed i bambini piccoli sono esposti a rischi maggiori poiché anche l’esposizione a basse o moderate concentrazioni può influenzare lo sviluppo fisico e mentale e può danneggiare in modo permanente gli organi e l’encefalo. Molti dei metalli possono essere trasmessi dalla madre al feto ed alcuni sono trasmessi al bambino tramite il latte materno.
Alcuni metalli sono molto più tossici di altri e anche la formulazione può influire sulla tossicità (un composto organico rispetto ad un metallo inorganico).
Anche le modalità d’esposizione possono influenzare la quantità di metallo assorbito e le parti dell’organismo interessate. Ad esempio, un metallo pressoché innocuo se tenuto in mano, o solo moderatamente tossico se assorbito tramite ingestione, può essere molto tossico e causare gravi danni ai polmoni in caso di inalazione.
Un’esposizione acuta può causare seri danni e, in alcuni casi, essere potenzialmente letale; tuttavia, richiede un attento monitoraggio anche l’esposizione cronica a concentrazioni moderate, protratte nel tempo.
L’intossicazione da metalli tossici può causare una vasta gamma di sintomi, che vanno da disturbi gastrointestinali a problemi neurologici e renali. Sintomi comuni includono nausea, vomito, diarrea, mal di testa e dolore addominale. In alcuni casi, si possono manifestare intorpidimenti, formicolii, debolezza e alterazioni dell’umore
Ad esempio, studi recenti, ad esempio, hanno evidenziato profondi cambiamenti del microbioma intestinale e dei metaboliti che esso produce, in soggetti esposti ad esempio ad arsenico e cadmio.
Alcuni metalli, poi, sono considerati cancerogeni (in grado di aumentare il rischio di sviluppare il cancro) ed altri possono influenzare la capacità dell’organismo di produrre globuli rossi e bianchi.
L’avvelenamento da metalli pesanti può portare a danni agli organi, cambiamenti comportamentali o difficoltà di pensiero e memoria.
Facciamo alcuni esempi di sintomi specifici a seconda del metallo:
- Piombo: può causare anemia, alterazione del sapore dei cibi, alterazioni del ciclo mestruale.
- Mercurio: può causare danni al sistema nervoso, disturbi mentali e problemi di sviluppo in bambini;
- Alluminio: può causare una serie di sintomi, principalmente legati al sistema nervoso, muscolare e osseo. Tra i sintomi più comuni ci sono debolezza muscolare, problemi cognitivi, difficoltà di concentrazione e memoria, ma anche dolori muscolari, cefalea e osteoporosi ed, in alcuni casi, può manifestarsi anemia, stanchezza e problemi digestivi;
- Arsenico: problemi digestivi, problemi al sistema nervoso e, in casi gravi, disordini renali e cardiaci
- Zinco: soprattutto se acuta, può manifestarsi con sintomi gastrointestinali come nausea, vomito e diarrea. In alcuni casi, può anche comparire una febbre da inalazione di fumi metallici, con sintomi come sudorazione, febbre e un sapore metallico in bocca. L’intossicazione cronica può invece portare a carenza di rame e danni al sistema nervoso, con sintomi come atassia sensoriale e mielopatia.
(*) vedi comunque un elenco completo in calce all’articolo.
Il test per la ricerca dei metalli pesanti viene di solito eseguito su un campione di sangue prelevato da una vena del braccio o su un campione di urine della 24 ore. Per la raccolta vengono utilizzati dei contenitori privi di metalli per limitare la contaminazione esterna.
Per il test dei metalli pesanti possono essere utilizzati sia il sangue che l’urina, ma non sempre in maniera intercambiabile. Per esempio, il metilmercurio, un composto organico del mercurio altamente tossico, può essere rilevato nel sangue ma non nell’urina. I campioni di urina vengono preferenzialmente utilizzati per la misura delle forme inorganiche del mercurio e per la misura dell’arsenico. Per la misura del piombo viene utilizzato preferenzialmente il sangue, poiché maggiormente rappresentativo degli effetti negativi sulla salute rispetto ad altri fluidi o tessuti.
L’analisi dei capelli e delle unghie può fornire indicazioni circa l’esposizione avvenuta in un arco di tempo ampio; tuttavia, non consente la valutazione di un’esposizione recente.
Il sangue e l’urina forniscono indicazioni circa le esposizioni croniche o verificatesi in tempi recenti.
Una volta riscontrato l’accumulo e l’eventuale intossicazione di questi metalli, l’importante è trovare un modo per riuscire a eliminarli dal nostro corpo.
La terapia che si occupa di fare questo ha il nome di terapia chelante. Con questa terapia, un agente chelante viene inserito oralmente, per via intramuscolare o per via endovenosa. I tre più comuni agenti chelanti sono il calcio disodio edetato, il dimercaprolo e la penicillamina.
L’agente chelante circonda e si lega al metallo nei tessuti del corpo formando un complesso che viene filtrato dal sangue e dai reni e, successivamente, viene espulso con le urine.
Molti non sanno, però, che la natura ci offre dei rimedi del tutto naturali per effettuare una detossificazione profonda dei tessuti e degli organi del nostro corpo, ovvero per effettuare un ottimo drenaggio.
Un buon drenaggio sistemico deve coinvolgere l’organismo in una depurazione multilivello seguendo come principio quello del sostegno sistemico attraverso il drenaggio cellulare, l’attivazione emuntoriale, e il coinvolgimento anche di quella parte detta psicosomatica.
In prima linea abbiamo i gemmoderivati (MG), che mirano a un drenaggio a livello intestinale, linfatico, nervoso, metabolico, epato-renale, del sistema macrofagico istiocitario (SRE) e questo non avviene con un’azione di stimolo diretto ma indiretto, partendo appunto dall’affinità di questi rimedi con il riequilibrio cellulare. Sono poi gli estratti idroalcolici (tinture madri TM o estratti fluidi EF) ad avere una conseguente funzione più attivatrice a livello emuntoriale con in questo caso tropismo verso intestino, fegato, reni, pelle dove esercitano anche funzione protettiva.
La strategia di drenaggio omeosinergetica specifica dei metalli pesanti si impernia sull’integratore omeosinergico informato Luxdrenacid gocce.
Vediamo di seguito le piante utilizzate e le loro uniche peculiarità, ben sostenute da un considerevole numero di studi clinici, che in parte citiamo alla fine dell’articolo come bibliografia di riferimento.
Uno dei principali costituenti della Bardana è l’Inulina, un carboidrato prebiotico che favorisce il benessere della flora intestinale, poi i Lignani (es. arctigenina) che contribuiscono all’attività antiossidante e di regolazione dell’infiammazione, Flavonoidi e Acidi Fenolici che agiscono come potenti antiossidanti e supportano il sistema immunitario, infine le Saponine che anno proprietà emollienti e aiutano nella regolazione dei processi infiammatori.
Le principali proprietà medicamentose sono quella diuretica e depurativa, in quanto favorisce l’eliminazione delle tossine e supporta il funzionamento renale, stimolando la diuresi, quella di modulazione dell’infiammazione e di contrasto dello stress ossidativo proteggendo le cellule dai radicali liberi; inoltre stimola la crescita di batteri benefici nell’intestino, migliorando la digestione e favorendo l’assorbimento dei nutrienti e la purificazione della pelle. (1)
I principali costituenti della Solidago Verga d’oro sono i Flavonoidi, composti quali quercetina, kaempferolo e isoramnetina, che esercitano un’attività antiossidante e anti-infiammatoria; Acidi fenolici (acido caffeico, acido clorogenico) e altri, utili nel contrastare lo stress ossidativo; Saponine e Triterpeni che contribuiscono alle proprietà diuretiche, antinfiammatorie e antisettiche; Oli essenziali che sono presenti in quantità minori, ma che partecipano all’azione antimicrobica e lenitiva della pianta.
Le principali proprietà medicamentose sono quella diuretica favorente l’eliminazione dei liquidi e delle tossine, risultando utile nel trattamento di ritenzione idrica e infezioni delle vie urinarie. antinfiammatoria e analgesica che aiutano a ridurre e lenire i dolori nei disturbi reumatici acuti e cronici; l’azione antisettica per il trattamento di lievi infezioni, sia a livello interno che topico; antiossidante e infine di supporto alle vie urinarie utile per favorire la salute del tratto urinario, aiutando a prevenire e trattare cistiti e altre infezioni, grazie all’effetto combinato diuretico e antisettico. (2)
La Gramigna contiene le vitamine A, C, E e quelle del complesso B, che supportano la salute cellulare e il metabolismo; contiene minerali quali potassio, magnesio, ferro e calcio, utili per il benessere del sistema muscolare e osseo; la Clorofilla, nota per le sue proprietà antiossidanti e detossificanti, promuove anche la rigenerazione cellulare; contiene enzimi e aminoacidi che contribuiscono ai processi metabolici e possono supportare la riparazione dei tessuti; infine i polisaccaridi che contribuiscono a effetti immunomodulatori e protettivi a livello cellulare.
Le principali proprietà medicamentose sono: l’effetto detossificante che supporta l’eliminazione delle tossine e il rinnovamento cellulare; il contrasto dello stress ossidativo e la protezione delle cellule dai danni dei radicali liberi; l’azione rigenerante e cicatrizzante dei tessuti supportando il processo di guarigione delle ferite e contribuendo al ripristino dell’elasticità cutanea.
Alcuni studi suggeriscono che possa avere un effetto benefico sul sistema immunitario, aiutando a regolare le risposte infiammatorie. (3)
Luxdrenacid gocce può essere coadiuvato, per una corretta ed efficace strategia di drenaggio, da altri rimedi più specifici della componente organotropica, come si evince dalla figura qui sotto.
Merita una particolare menzione il ruolo del fegato, vero e proprio “filtro” biologico anti-tossine, le quali vengono prima disattivate in modo che non possano scatenare reazioni infiammatorie da parte del sistema immunitario e poi eliminate in parte attraverso i reni ed in parte attraverso l’intestino.
Per questo la terapia omeosinergica mette in campo due rimedi fondamentali per la salute del fegato: Luxepa gocce e Luxeparig compresse.
Luxepa gocce è indicato come adiuvante per sostenere il fegato, in caso di intossicazioni, abusi dietetici, errate abitudini di vita.
La Liquirizia (Glycyrrhiza glabra) è una pianta erbacea perenne della famiglia delle Fabaceae.
L’uso della radice di liquirizia risale a tempi antichi, quando veniva adoprata soprattutto in caso di ulcera, asma e tosse, e per alleviare gli effetti collaterali dei lassativi.
ggi sono riconosciute alla radice di liquirizia proprietà antinfiammatorie, antibatteriche, antivirali, anti-epatotossiche, immunostimolanti e cicatrizzanti. La Liquirizia inoltre ha effetto epatoprotettivo, sostenendo la detossificazione dell’organismo da parte del fegato.
La silimarina presente nel Cardo mariano possiede un’azione antiossidante ed epatoprotettrice, che la rende indicata nelle forme di sofferenza epatocellulare di varia origine, inoltre accelera il processo di rigenerazione del fegato aumentando l’attività metabolica delle cellule epatiche.
Il Phyllantus emblica o Uva spina indiana, nel sistema medico ayurvedico viene ancora attualmente utilizzata in numerose e diverse sintomatologie correlate con anemia, iperacidità gastrica , diarrea, infiammazioni degli occhi, delle vie urinarie, leucorrea, ittero, debolezza, affaticamento epatico.
Luxeparig compresse è utile per supportare la fisiologica funzionalità epatica, biliare in abbinamento con Luxepa gocce.
Contiene anch’esso il prezioso Cardo mariano, fonte di silimarina, la Schisandra, ricca in schisandrina, il Fillanto, ad alto contenuto di tannini e il Desmodio, con elevata quantità di rutina, che insieme esercitano un’azione antiossidante che protegge le cellule epatiche dagli agenti nocivi e migliora la capacità di adattamento allo stress ossidativo. I costituenti polifenolici della silimarina in particolare contribuiscono alla rigenerazione cellulare epatica.
La natura da sempre ci mette a disposizione tutte le risorse necessarie a supportare la nostra salute, non dobbiamo dimenticare che la maggior parte dei farmaci di sintesi sono stati mutuati dagli studi delle piante e delle loro proprietà medicamentose, note all’uomo fin dall’alba dei tempi.
Queste strategie sarebbero altresì da applicare nell’ottica di un intervento precoce, preventivo, di drenaggio che potrebbe essere fatto ai cambi di stagione, primavera ed autunno, nell’ordine di un’assunzione due volte al dì.
Senza dimenticare, come non manchiamo di ribadire sempre, che i capisaldi della salute sono una corretta alimentazione e il giusto movimento fisico e soprattutto vivere una buona Vita!
Note:
(*) Di seguito i sintomi da intossicazione da metalli pesanti[56]:
- Afnio: irritazione agli occhi, alla pelle e alle mucose.
- Alluminio: danni al sistema nervoso centrale, demenza, perdita di memoria.
- Antimonio: danni cardiaci, diarrea, vomito, ulcera allo stomaco.
- Arsenico: cancro linfatico, cancro al fegato, cancro della pelle.
- Bario: ipertensione, paralisi.
- Bismuto: dermatite, stomatite ulcerosa, diarrea.
- Cadmio: malattia itai-itai, diarrea, dolori di stomaco, vomito, fratture ossee, danni immunitari, disordini psicologici, tumore.
- Cromo: danni ai reni e al fegato, problemi respiratori, cancro polmonare.
- Gallio: irritazione alla gola, difficoltà respiratorie, dolori alla cassa toracica.
- Indio: danni al cuore, reni e fegato.
- Iridio: irritazione agli occhi e al tratto digestivo.
- Ittrio: altamente tossico, cancro ai polmoni, embolia polmonare, danni al fegato.
- Lantanio: cancro polmonare, danni al fegato.
- Manganese: turbe alla coagulazione del sangue, intolleranza al glucosio, disordini allo scheletro.
- Mercurio: distruzione del sistema nervoso, danni al cervello, danni al DNA.
- Nichel: embolia polmonare, difficoltà respiratorie, asma e bronchite cronica, reazioni allergiche della pelle.
- Palladio: altamente tossico e cancerogeno, irritante per le mucose.
- Piombo: danni al cervello, disfunzioni alla nascita, danni ai reni, difficoltà di apprendimento, distruzione del sistema nervoso.
- Platino: generalmente innocuo data la sua inerzia chimica, i suoi composti sono tuttavia da considerarsi altamente tossici, generando cancro, danni all’intestino e reni ed alterazioni del DNA
- Rame: irritazioni al naso, bocca ed occhi; cirrosi epatica, danni al cervello e ai reni. Emicranie croniche.
- Rodio: macchie alla pelle, potenzialmente tossico e sospetto cancerogeno.
- Rutenio: altamente tossico e cancerogeno, danni alle ossa.
- Scandio: embolia polmonare, danni al fegato.
- Stagno: irritazione agli occhi e alla pelle, emicrania, dolori di stomaco, difficoltà ad urinare.
- Stronzio: cancro ai polmoni, nei bambini difficoltà di sviluppo delle ossa.
- Tantalio: irritazione agli occhi e alla pelle, lesione del tratto respiratorio superiore.
- Tallio: danni allo stomaco, al sistema nervoso, coma e morte, per chi sopravvive al Tallio rimangono danni al sistema nervoso e paralisi.
- Tungsteno: danni alle mucose e alle membrane, irritazione agli occhi.
- Vanadio: disturbi cardiaci e cardiovascolari, infiammazioni allo stomaco ed intestino.
Bibliografia
(1)
- Wagner, H., et al. (2012). Titolo: “Burdock (Arctium lappa) in phytotherapy: A review of its phytochemical composition and biological activities”. Rivista: Phytotherapy Research.
Sintesi: Questa revisione sistematica riassume i principali composti (lignani, flavonoidi, acidi fenolici e saponine) presenti in Arctium lappa e discute le evidenze relative alle sue attività depurative, diuretiche, antinfiammatorie e antiossidanti.
- Li, X., et al. (2013). Titolo: “Antimicrobial activity of Arctium lappa root extract against foodborne pathogens”. Rivista: Journal of Medicinal Food.
Sintesi: Lo studio ha valutato l’efficacia dell’estratto della radice di Arctium lappa contro vari patogeni responsabili di contaminazioni alimentari, sugge- rendo possibili applicazioni nel settore della sicurezza alimentare.
- Kim, , et al. (2005). Titolo: “Antioxidant and anti-inflammatory activities of Arctium lappa L. root extracts”. Rivista: Journal of Ethnopharmacology. Sintesi: Questo studio ha evidenziato come gli estratti della radice di Arctium lappa possano inibire processi infiammatori e ridurre lo stress ossidativo in modelli in vitro e in vivo, suggerendo un potenziale impiego nella gestione delle infiammazioni croniche.
- Kubo, I., et al. (2010). Titolo: “Hepatoprotective effects of Arctium lappa extract on chemically induced liver injury in rats”. Rivista: Evidence-Based Complementary and Alternative Medicine.
Sintesi: Questo lavoro preclinico ha dimostrato che l’estratto di Arctium lappa può ridurre i danni epatici indotti da agenti tossici in modelli animali, evidenziando il potenziale uso come coadiuvante nel trattamento di patologie epatiche.
- Shin, H., et al. (2011). Titolo: “Anti-diabetic effects of Arctium lappa in experimental models”. Rivista: Journal of Natural Medicines.
Sintesi: In questo studio, l’estratto di Arctium lappa è stato testato in modelli sperimentali per valutare il suo effetto nel modulare i livelli di glucosio nel sangue, aprendo la strada a ulteriori ricerche sul suo impiego nel supporto della terapia diabetica.
(2)
- Wagner, H. et al. (2002) Titolo: “Medicinal plants: Solidago virgaurea – a review of its chemistry, pharmacology and therapeutic potential”. Rivista: Journal of Ethnopharmacology.
Sintesi: Questo articolo di revisione analizza in modo approfondito la composizione fitochimica (flavonoidi, acidi fenolici, saponine, triterpeni) e le proprietà terapeutiche della pianta, evidenziando il suo impiego tradizionale e le prospettive per applicazioni cliniche.
- Braczkowski, et al. (2001) Titolo: “Pharmacological properties of Solidago virgaurea L.”. Rivista: Phytotherapy Research.
Sintesi: Questo lavoro riassume le evidenze riguardanti la composizione fitochimica della verga d’oro e ne discute le attività diuretiche, antiinfiammatorie e antimicrobiche, fornendo un quadro complessivo delle potenzialità terapeutiche della pianta. - Kraft, K. et al. (2006) Titolo: “Diuretic activity of Solidago virgaurea in experimental models”
Rivista: Journal of Natural Medicines.
Sintesi: Lo studio sperimentale ha valutato l’efficacia dell’estratto di Solidago virgaurea nel promuovere la diuresi in modelli animali, con- fermando le proprietà depurative e l’utilità nel supporto del tratto uri- nario.
- Tundis, , et al. (2008) Titolo: “Antioxidant and anti-inflammatory pro- perties of Solidago virgaurea extracts”
Rivista: Phytomedicine.
Sintesi: In questo studio in vitro sono state dimostrate le proprietà antiossidanti e antiinfiammatorie degli estratti, attribuibili alla presenza di flavonoidi e acidi fenolici, supportando il potenziale uso della pianta nella gestione dello stress ossidativo e dell’infiammazione.
(3)
- Nasri, H., et al. (2014) Titolo: “Wheatgrass: A Novel and Promi- sing Supplement in Clinical Medicine”. Rivista: Journal of Research in Medical Sciences.
Sintesi: Questo lavoro discute i potenziali benefici clinici del wheat-grass, inclusi i suoi effetti antinfiammatori e rigenerativi, suggerendo possibili applicazioni coadiuvanti in vari contesti terapeutici.
- Khandelwal, , & Sharma, P. (2014). Titolo: “Nutritional and Medicinal Properties of Wheatgrass (Triticum aestivum): A Review”. Rivista: Journal of Food Science and Technology.
Sintesi: Questa review esamina la composizione fitochimica e le proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e immunomodulatorie dell’erba di grano. Pur concentrandosi sul Triticum aestivum, le conclusioni sono spesso estese agli estratti di wheatgrass in generale.
- Jayaprakasam, B., et al. (2003) Titolo: “Antioxidant and antimutagenic activities of wheatgrass (Triticum aestivum) juice”. Rivista: Journal of Medicinal
Sintesi: Lo studio valuta in vitro l’attività antiossidante e antimutagenica del succo di wheatgrass, evidenziando come la ricca presenza di clorofilla, flavonoidi e altri composti bioattivi possa contribuire a ridurre lo stress ossidativo.